Il Golpe greco
In Grecia, la notte del 21 aprile 1967, un gruppo di ufficiali guidati dal colonnello Geōrgios Papadopoulos attuò un colpo di Stato, instaurando una dittatura militare. Nelle prime ore di quel giorno, i militari occuparono i punti strategici di Atene con i carri armati, arrestando circa 10.000 persone, tra leader politici, attivisti di sinistra e simpatizzanti. Fu imposto lo stato d’assedio, sciolto il Parlamento, aboliti i partiti e soppressa la libertà di stampa.Il golpe greco ebbe un forte impatto anche in Italia, dove già serpeggiavano i primi sintomi della contestazione che, meno di un anno dopo, sarebbe esplosa in pieno.
Con la dittatura greca, che si andava ad aggiungere ai regimi di Francisco Franco in Spagna e Salazar in Portogallo, tre grandi paesi dell’Europa occidentale erano governati da dittature di destra, che evocavano i regimi sconfitti nella Seconda guerra mondiale.Secondo molti osservatori, l’Italia – paese occidentale con il più forte partito comunista – poteva essere il prossimo tassello di un movimento golpista che sembrava espandersi in Europa.
Il piano “Solo”
A rendere ancora più allarmante la situazione contribuirono alcuni articoli pubblicati, meno di due mesi dopo il golpe greco, dal settimanale l’Espresso.
In un articolo del 14 maggio 1967, intitolato “Complotto al Quirinale”, i giornalisti Livio Jannuzzi e Eugenio Scalfari parlarono di un piano elaborato nel 1964 durante la crisi del primo governo Moro, denominato “Piano Solo”.
Il piano fu ideato dal generale Giovanni De Lorenzo, comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, su richiesta del presidente della Repubblica Antonio Segni. Il nome “Solo” indicava che l’operazione sarebbe stata condotta esclusivamente dai carabinieri, senza il coinvolgimento diretto delle altre forze armate o di polizia.
Il progetto, che prevedeva l’impiego di circa 20.000 carabinieri, contemplava l’occupazione delle sedi dei partiti politici e l’arresto di una lunga lista di persone, tra cui militanti, intellettuali e figure considerate pericolose per la stabilità dello Stato.
Il piano non fu attuato grazie alla scelta di *Pietro Nenni, leader del Partito Socialista, di entrare nel secondo governo Moro, più moderato del precedente. In seguito, Nenni dichiarò di aver accettato per contrastare quello che definì “un forte tintinnio di sciabole”
L’ossessione del golpe
Da quel momento, nella sinistra italiana la paura di un colpo di Stato divenne qualcosa di concreto e palpabile. Una paura che aumentò con l’espandersi delle proteste. Le bombe di Piazza Fontana e il clima di tensione sociale trasformarono il timore in vera e propria ossessione.Sono numerosi i racconti di dirigenti di partito, militanti, intellettuali o semplici attivisti che ricordano notti passate fuori casa, perché era “giunto lo spiffero” di un golpe imminente.
Il film “Z”
In questo clima, il 24 ottobre 1969 uscì nelle sale italiane il film “Z”, del regista franco-greco Costa-Gavras.
Presentato in concorso al Festival di Cannes nel maggio dello stesso anno, il film fu subito un grande successo. Nella versione italiana, senza una motivazione chiara, fu aggiunto al titolo il sottotitolo: “L’orgia del potere”.
“Z” è un thriller politico teso e incalzante, ma soprattutto un atto d’accusa lucido e spietato contro la repressione e la violenza di Stato, che in quegli anni si stavano diffondendo in Europa come risposta alle proteste sociali.
Alla base della vicenda narrata nel film c’è un fatto realmente accaduto: l’assassinio del deputato greco Grigoris Lambrakis, figura carismatica e pacifista, avvenuto a Salonicco nel 1963. Ma in senso più ampio, il film racconta il clima politico che portò al colpo di Stato del 1967.

Il momento del ferimento del deputato
Costa-Gavras, figlio di un oppositore del regime ed esule in Francia, insieme allo sceneggiatore Jorge Semprún, decide di raccontare questa ferita. Tratto dal romanzo omonimo di Vassilis Vassilikos, “Z” è allo stesso tempo un’opera godibile e un atto d’accusa preciso e documentato. A sottolinearlo è la frase che compare subito dopo i titoli iniziali:
"«Qualsiasi somiglianza con eventi reali, persone morte o vive non è casuale. È volontaria.
Il successo e l'effetto sul pubblico italiano
[l film ricostruisce un intrigo in cui le autorità insabbiano la verità, i giudici vengono ostacolati, e la giustizia tradita.
Nel dicembre dello stesso anno, l’Italia è scossa dall’attentato di Piazza Fontana, che mette in scena dinamiche di depistaggio e collusioni tra potere e gruppi eversivi di destra. Per il pubblico italiano, “Z” apparve come una tragica premonizione.
In sala, il film veniva spesso accolto con applausi a scena aperta, in particolare nella celebre scena finale in cui il giudice (interpretato da Jean-Louis Trintignant) incrimina i militari: una delle più forti e memorabili del cinema politico.
Ma l’euforia dura poco: la scena successiva mostra l’esito del processo. Pene lievi per i responsabili, assoluzione per i militari, e la verità insabbiata con l’eliminazione sistematica dei testimoni scomodi.
Nella versione italiana, compare anche un riferimento a un morto “caduto dal settimo piano della questura durante l’interrogatorio”: probabilmente un’aggiunta legata alla morte di Giuseppe Pinelli, avvenuta pochi mesi prima. Non è chiaro se questa scena sia presente anche nella versione originale.
Il film si chiude con l’immagine di Atene occupata dai carri armati, mentre una voce fuori campo elenca le nuove restrizioni imposte dal regime.
«Contemporaneamente i militari hanno proibito i capelli lunghi,
le minigonne, Sofocle, Tolstoj, Mark Twain, Euripide,
spezzare i bicchieri alla russa, Aragon, Trockij,
scioperare, la libertà sindacale,
Lurçat, Eschilo, Aristofane, Ionesco, Sartre, i Beatles, Albee, Pinter,
dire che Socrate era omosessuale,
l’ordine degli avvocati,
imparare il russo, imparare il bulgaro,
la libertà di stampa, l’enciclopedia internazionale, la sociologia,
Beckett, Dostoevskij, Čechov, Gorkij e tutti i russi,
il “chi è?”, la musica moderna, la musica popolare,
la matematica moderna, i movimenti della pace,
e la lettera “Ζ” che vuol dire “è vivo” in greco antico»
Un classico del cinema politico
“Z” resta uno dei capolavori del cinema mondiale, il vertice del cinema militante europeo. Forse la miglior opera di Costa-Gavras, che proseguirà questo filone con “L’Amerikano” (1973), sulla lotta armata, e con *“Missing” (1982), sul colpo di Stato in Cile.
Ha contribuire al successo del film è anche un cast è di altissimo livello: Jean-Louis Trintignant: il giudice; Yves Montand: il deputato assassinato; Irene Papas: sua moglie; Jacques Perrin: il fotografo. E poi François Périer, Marcel Bozzuffi, Magali Noël, Renato Salvatori. Non bisogna poi dimenticare le bellissime musiche di Mikīs Theodōrakīs.Al Festival di Cannes 1969 vinse il Premio della giuria, e Trintignant fu premiato come miglior attore.
Agli Oscar del 1970 vinse miglior film straniero e miglior montaggio, ottenendo anche tre nomination: miglior film, regia e sceneggiatura non originale.
In Italia fu premiato con un David di Donatello speciale.
A 56 anni dalla sua uscita, Z – L’orgia del potere, resta un film potente e attuale. È un vero peccato che non sia disponibile in streaming su nessuna piattaforma. È invece reperibile sia in YouTube in che in DVD.